Essere uno studente cinese del Poli durante la pandemia

19 Novembre 2020

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Zhupeng è uno studente di Ingegneria e ha fondato la prima associazione di studenti cinesi al Politecnico.  L’abbiamo incontrato (virtualmente, s’intende) per capire meglio l’esperienza di questa comunità, come vive l’Ateneo e come lui e i suoi compagni di corso stanno vivendo l’emergenza del coronavirus in corso.

“All’inizio di questa emergenza mi sono accorto che quando si scriveva sul coronavirus, si tendeva in automatico ad abbinare nei titoli dei diversi articoli il virus al termine «cinese»: «il virus cinese», lo chiamavano. Questo può avere avuto degli effetti sulla comunità cinese. Il Politecnico, per fortuna, oltre a reagire subito all’emergenza attivando le lezioni a distanza in breve tempo, anche dal punto di vista comunicativo è stato di grande supporto, non ho letto in nessun comunicato del Rettore l’abbinamento del termine coronavirus o covid-19 con la parola «cinese». Mi è piaciuto molto.” Così ci racconta Zhupeng, studente di Ingegneria dell’Automazione al Politecnico di Milano.

“Rispetto a questo momento di emergenza sanitaria, noi dell’Associazione ci sentiamo spesso nelle chat e abbiamo deciso di sospendere tutte le attività.

Prima di tutto, ci siamo dovuti abituare alle nuove lezioni telematiche e al nuovo stile di vita di questo periodo. Se la quarantena si prolungherà, riprenderemo le nostre riunioni su Microsoft Teams, come fanno tutti in questo momento.

Parlando con i miei compagni dell’associazione studentesca ho percepito che sono tranquilli, anche perché, appena ci sono stati i primi casi ed è circolato l’invito di stare a casa, abbiamo seguito le indicazioni fin da subito e non abbiamo sottovalutato il virus. A fine gennaio mia zia, che era in Cina, non riusciva a tornare in Italia, le avevano cancellato il volo e, nonostante fosse molto distante da Wuhan, la polizia diceva di non uscire. Avendo avuto notizie direttamente dalla Cina abbiamo percepito, come comunità e prima di altri, la necessità di stare in casa e di conseguenza di invitare tutti i nostri compagni del Politecnico a fare altrettanto.

Anche l’associazione studentesca WOSHOU rappresenta un’occasione per tutti gli studenti universitari, cinesi e non, per parlare e conoscere la cultura cinese e conciliarla con la cultura italiana. WOSHOU conta venti studenti che sono soci attivi, in maggioranza cinesi. Dieci di noi hanno potere decisionale e i rimanenti supportano le attività in modo costante. C’è poi un numero variabile di persone non affiliate che partecipano ai nostri eventi. Essendo un’attività volontaria, cerchiamo di conciliarla con tutti gli altri impegni universitari e non è sempre facile.

Ogni semestre facciamo un po’ di recruiting. È difficile coinvolgere gli studenti per svariati motivi e per noi è sempre una sfida. La cosa più difficile è coinvolgere studenti cinesi di prima generazione (chiamo così coloro che arrivano direttamente dalla Cina). Vi chiederete perché, semplicemente perché tendono ad iscriversi di meno alle associazioni poiché rimangono al Politecnico di Milano per un periodo limitato e quindi, mentre si ambientano alla vita milanese e universitaria, magari non hanno neanche tempo di partecipare a queste iniziative. E poi, arrivano proprio con l’intenzione di vivere una breve esperienza per poi ritornare in Cina. Tendenzialmente gli studenti attivi all’interno dell’associazione studentesca sono per la maggior parte cinesi di seconda generazione, che sono nati o vivono da molto tempo in Italia, e una minoranza rappresenta l’Italia o altri paesi. Vogliamo essere un’associazione inclusiva, facendo parte di un’università inclusiva come per il Politecnico di Milano.”

 

Zhupeng è uno studente italiano con origini cinesi. Oltre 1000 studenti cinesi sono iscritti al Politecnico di Milano. Di questi, oltre 400 studiano Ingegneria.